Solo il 18,1% di chi guida un mezzo pesante in Italia ha meno di 40 anni. L’età nell’autotrasporto avanza. Più di 500 ultranovantenni oggi in Italia sono ancora a capo di una ditta individuale che fa trasporto di merci su strada (dati infocamere). Il 66% dei padroncini ha più di 50 anni. Il ricambio generazionale risulta difficile nel settore: più dell’85% dei trasportatori interpellati da Uomini e Trasporti ha riferito che i propri figli non vogliono fare il lavoro dei padri. Secondo alcune stime in Italia mancherebbero circa 15.000 autisti di camion, un gap colmato solo in parte dalla forza lavoro proveniente dall’Europa dell’Est o il Nord Africa.
Il trend, affrontato dall’inchiesta pubblicata sul prossimo numero della rivista Uomini e Trasporti (www.uominietrasporti.it) è uno degli aspetti che incidono sulla salute degli autotrasportatori analizzata dalla ricerca «La Salute vien Guidando». Lo studio, presentato nell’ambito del Transpotec Logitec di Verona, è stato condotto da Federservice, una delle società del Gruppo Federtrasporti(aggregazione economica di 60 aziende di autotrasporto) all’interno delle 18 tappe del Renault Trucks ItalianToure in una serie di aziende di autotrasporto del mondo Federtrasporti.L’autotrasporto non è più un mestiere per giovani. Secondo i dati del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti oggi in Italia sono attive 1,17 milioni di CQC, carte del conducente che in linea di massima equivalgono a un autista in attività (nel trasporto merci e persone). Di questi, il 45,8% ha più di 50 anni. Solo il 18,1% è al di sotto dei 40 anni. Se l’analisi si sposta sui titolari di patente C, la situazione appare anche più grave: qui, su 1,2 milioni di autisti, il 60% ha già compiuto i 50 anni. Stesso trend tra i titolari delle ditte individuali, i cosiddetti padroncini. Secondo i dati di Infocamere, il 66% ha un’età compresa tra i 50 e i 90 anni. Oggi risultano più di 500 gli ultranovantenni alla guida di un’azienda di autotrasporto. Sette anni fa, nel 2011, gli over 50 erano “solo” il 52%. Le conseguenze dell’invecchiamento del settore sono molteplici. Secondo l’Inail le denunce di malattie professionali sono cresciute del 34,4% negli ultimi 5 anni, il 58% di quelle del 2017 sono state presentate da lavoratori con più di 54 anni. Negli ultimi 4 anni in Italia hanno chiuso 8.000 aziende di autotrasporto, ma le maggiori perdite sono da rilevare tra le ditte individuali e le società di persone che si sono ridotte di circa 12.000 unità. Oltre alle criticità di sistema, va considerato che spesso quando il titolare va in pensione, la ditta chiude o viene assorbita da realtà più stabili come forme cooperative, consorzi e società di capitali che infatti nello stesso periodo sono cresciute di circa 4.000 unità.
Obesità, apnee notturne, poca attenzione alle correzioni della vista, dolori osteo-muscolari, pressione alta e sindrome metabolica. Sono questi i disturbi più ricorrenti tra chi ogni giorno si mette alla guida di un camion per trasportare merci da una parte all’altra del Paese. Il 53% degli autisti visitati durante l’indagine porta gli occhiali, di questi il 55% non ha delle lenti corrette adeguatamente. Solo il 29% di coloro che portano gli occhiali effettua un controllo della vista all’anno e il 28% ha dichiarato di non vedere bene.
Il 10% dei visitati è consapevole di soffrire di apnee notturne durante il sonno (OSAS), mentre il 43% risulta a rischio di OSAS. Più di un terzo è a rischio di sindrome metabolica (preludio del diabete e di altre patologie), il 42% è sovrappeso e il 33,6% è obeso.
Tutti gli intervistati hanno riferito di non avere un’alimentazione regolare, l’80% ha detto di soffrire di dolori osteo-muscolari e il 30% ha denunciato problemi a livello circolatorio (formicolio agli arti inferiori), dichiarando di non condurre uno stile di vita attivo all’esterno dell’orario di lavoro. Infine, una particolarità: oggi solo il 49% dei camionisti pranza o cena abitualmente in un ristorante o in autogrill. Nel 2010 questa percentuale arrivava al 69,7%. Quasi il 30% degli autisti preferisce oggi portare con sé il cibo da casa (nel 2010 era solo il 19%) e oltre il 17% non mangia o mangia mentre guida.
Questi e altri numeri emersi dall’indagine, però, non sono da leggere come l’espressione di una trascuratezza espressa da individui distratti e poco sensibili, quanto come un campanello di allarme a cui prestare attenzione. Tra pochi anni il sistema dell’autotrasporto si troverà necessariamente a fare i conti con una popolazione attiva di ultrasessantenni più o meno in salute. Per far sì che il sistema regga ci sono due modi: accrescere il benessere di questi “non più giovani” e allargare ai veri giovani le porte di ingresso al mercato.
Due facce della stessa medaglia. Occorre rimuovere i fattori che oggi creano difficoltà e tengono lontani i giovani da questo mestiere. Bisogna creare le condizioni per lavorare in contesti più nuovi e confortevoli (a partire ovviamente dai veicoli), con ritmi di lavoro meno sincopati, lungo infrastrutture più fluide e in un clima economico meno stressato dalla concorrenza e dalla corsa al ribasso sul fronte dei costi. Le ragioni del malessere espresse dall’indagine, sono esattamente le stesse che rendono poco attrattivo il mondo dell’autotrasporto a chi lo guarda dall’esterno.
La ricerca lancia anche alcune proposte concrete da affidare alle istituzioni. Eccole in estrema sintesi:
1) Rendere più accurate le visite oculistiche obbligatorie per gli autisti professionisti
2) Equiparare il padroncino all’autista dipendente per ciò che attiene la cura della salute e della sicurezza stradale.
3) Effettuare una campagna di comunicazione con cui spezzare l’equazione tra riscontro dell’OSAS e perdita della patente e far comprendere che, chi soffre di tale disturbo, può sottoporsi a un percorso riabilitativo.
4) Finanziare pubblicamente (o tramite concessionarie) un programma di realizzazione di nuove aree di sosta, attrezzate con spazi per il movimento e la cura della persona, già presenti in altri paesi Ue.
5) Automatizzare la procedura di attuazione della norma in cui si prevede il pagamento di un indennizzo, del committente al vettore, laddove il tempo di attesa al carico-scarico superi le due ore.
6) Introdurre tra le categorie di lavoratori occupati in mansioni usuranti i conducenti di veicoli pesanti adibiti al trasporto merci.